Un Festival della Parola dovrebbe saperlo bene, le parole possono essere utilissimi strumenti della cultura, ma anche armi pericolosissime capaci di creare immaginari e mondi e che hanno la possibilità di ferire. È questo l’uso che Simone Pillon agisce da sempre con le parole. Attacca e colpisce le persone e le famiglie della comunità LGBTQIA+ con discorsi d’odio, rifiuto di riconoscimento, attacco ai diritti. Annulla e censura. Tutte le storie, tutte le relazioni, tutti quei dati di realtà che non promuovono la sua retorica contraria ai diritti.
Pillon, nel tentativo di difendersi, sostiene che le lobby LGBT “hanno televisioni, social, fiction, serie tv, film” per la loro propaganda.
Spiace deludere, non abbiamo televisioni, social media, serie tv, ma spazi associativi, centri antidiscriminazione, case rifugio. Fatichiamo quotidianamente perché le istanze delle persone LGBTQIA+ raggiungano gli spazi del dibattito politico e sociale e perché le rappresentazioni delle televisioni, nelle serie tv e in generale in ogni opera artistica e spazio culturale siano reali e scevre da stereotipi e facili macchiette.
Di nuovo Pillon sbatte i piedi con la sua infondata paura di una prevaricazione del mondo queer, sostiene una irreale necessità di un “etero pride” per una discriminaione della famiglia “naturale” che, bisognerebbe ricordarglielo, è solo quella legata a una tradizione ideologica.
Ci racconti Pillon quali famiglie “naturali” vedono loro negata la possibilità di sposarsi, quali genitori “naturali” l’impossibilità di accedere ai percorsi per la procreazione medicalmente assistita, quale famiglia “naturale” viene presa di mira perché si tiene per mano o si bacia per strada, quale famiglia “naturale” trova scritte offensive sulla porta di casa o la macchina distrutta per il solo fatto di abitare un quartiere, quale genitore “naturale” viene discriminato al lavoro perchè a casa ha una persona che lo aspetta.
Ci dica poi, insieme all’organizzazione del Festival, con quale competenza vorrebbe tenere “un confronto sul tema LGBTQIA+” – questo il titolo dell’incontro – quando lui non ha mai superato la vuota retorica dell’ideologia gender. Al confronto reale con le persone lesbiche, gay, bi+, trans*, queer, intersex e aspec, ha sempre preferito stereotipi, approssimazioni, falsità e ideologie. Accetti invece un dibattito e un confronto con le persone LGBTQIA+ e le loro vite, con le associazioni e i Centri che ogni giorno le accolgono.
Ogni giorno incontriamo quelle persone attraverso il lavoro del Centro antidiscriminazione Approdo Sicuro, attraverso la rete dei Centri antidiscriminazione sul territorio nazionale, attraverso l’incontro con le tante persone che abitano la Liguria e che hanno bisogno di informazioni, difesa e tutele perchè sono sotto attacco a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere.
Attacchi che troppo spesso iniziano proprio con parole, insulti, invalidazione delle persone e delle loro storie, delle loro famiglie e delle loro identità. E dalle parole, lo sappiamo, troppo spesso si passa ai fatti, alle azioni, alle aggressioni ai gesti violenti.
Il Festival della Parola non può ignorare che promuovere parole contrarie al diritto e offrire palchi e spazi a persone che continuamente offendono e sviliscono sia la collettività LGBTQIA+ che le donne, genera e promuove le stesse parole e idee che quelle persone sostengono. Il dibattito e il contraddittorio si portano con chi è disponibile al dialogo e alla riflessione comune, non con chi vuole solo negare il diritto sostenendo ideologie dannose, proposte discriminatorie e denigratorie verso le persone e le loro famiglie. Il Festival della Parola deve scegliere quali parole promuovere e a quali rinunciare.
A smentire Pillon che sostiene un attacco da parte di un “pensiero unico” è sufficiente la sua presenza al Festival e la constatazione che discorsi e gesti di odio non sono ancora reati in Italia, che non ha ancora approvato una legge nazionale contro l’omolesbobistransfobia, lasciando il nostro paese di nuovo fanalino di coda nell’Europa della tutela dei diritti di tutte e di tutti.