fbpx

“Ho dormito con te tutta la notte” di Cristiana Alicata

Cristiana Alicata

Ho dormito con te tutta la notte, è un romanzo di Cristiana Alicata, pubblicato nel 2014, in cui presente e passato si incrociano, si dividono sulle stesse tracce.

Stezzano, provincia di Bergamo, 1983. Qui iniziano i ricordi della protagonista bambina, la ricerca continua di un equilibrio con il padre e il dolore per la madre malata. Passa molto tempo con due amiche, Lucia e Sabrina.

Gli anni passano, cresce, viaggia, si innamora. Vive un rapporto d’amore con una ragazza, ma i loro tempi affettivi difficilmente coincidono. Come spesso accade in questi casi, gesti e silenzi si sostituiscono alle parole per esprimere sentimenti che spaventano.

Nel presente – il 2011 – lascia che la malinconia curi le sue ferite:

“Sono qui, su questo tetto dimenticato – leggiamo nel romanzo – perché a casa mi mancavano i tuoi polpastrelli, le impronte che distrattamente hai lasciato su ogni cosa che, insieme, negli anni abbiamo accumulato da quel giorno lungo il Tevere. Sono qui perché alla fine, quando te ne sei andata, ho imparato a memoria ogni angolino del nostro soffitto, ne ho scovati un paio nascosti in cucina, avvistati mentre cambiavo una lampadina fulminata, in piedi sulla scala, nello spazio tra i pensili e il soffitto. Da terra non si vedevano. Sono rimasta a guardarli a lungo anche per te che non li avevi mai visti”.

Alicata analizza gli stati d’animo dell’infanzia, la scoperta della vita lontano dalle fiabe, il bisogno di certezze per capire i sentimenti. Ma gli adulti, a volte, sono distanti. La madre, affetta da schizofrenia, assume importanza fondamentale nel turbamento della protagonista e del fratello Giacomo. A fatica i due piccoli ne ricordano i frammenti di vita, i sorrisi immobili smarriti in foto irraggiungibili. Quel che resta della donna sono scatti d’ira improvvisi e indomabili, la sua esistenza chiusa in una stanza, o in clinica. Questi eccessi condizionano le faticose consuetudini della famiglia, anche perché il padre, lentamente, diventa più distante, assente.

Da adulta, la giovane comprende come tutto si destabilizzi. La malattia, l’amicizia, l’amore, la solitudine, il contatto, gli sguardi, i silenzi. Nulla è lineare, ma un insieme di flussi disarmonici.

Però vivere accanto a una persona con patologia mentale ha un effetto incancellabile, infinito. Anche le pareti si impregnano di quella pressione che si sente, costante, nel petto:

“Era buio pesto, c’era silenzio e non ti dissi che però sapevo benissimo di solitudine e di follia. Ti lasciai credere fino in fondo alla mia ingenuità. Era facile ingannarti, portavo segni che non si vedono a occhio nudo, ero come una città la cui ferita si coglie solo dall’alto e di notte, dalla finestra di un albergo”.

Ma è proprio con il ricordo del tempo perduto, consumato da abbandoni e ferite, che ci si ritrova.

La scrittura di Cristiana Alicata ha l’eloquenza profonda dell’essenzialità. La bellezza descrittiva delle frasi scorrevoli accompagna, scuote verso la fragilità che ci salva.

Ognuno affronta le proprie battaglie e cerca la pace, per dormire una notte intera, senza incubi, accanto alla persona amata, in un abbandono dolce e rassicurante. Così può lasciare la paura e credere “che la notte sia discontinua. Che la vita sia irregolare. Che le cose vadano storte per essere diverse”.

“Le cose fragili sono trasparenti, si vede tutto, si vede il buio”.

× Scrivici qui