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Il giorno più felice della mia vita: la recensione

Il giorno più felice della mia vita è un libro di Sebastiano Mauri, pubblicato a febbraio 2015 dalla casa editrice Rizzoli. “Un libro manifesto a favore del matrimonio per tutti. Perché non importa il genere, l’amore deve essere uno solo anche per la legge”.

La nostra recensione.

«Pensavo che la scelta fosse tra amare una donna o un uomo, e bastava che io, incurante dei miei desideri, continuassi a scegliere una donna. Poi, ho capito invece che la scelta era tra l’essere felice e il fingere di esserlo».

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Si può sorridere di un diritto negato? Leggendo Il giorno più felice della mia vita si arriva anche a questo. Si sorride, per un istante, di quelle affermazioni troppo assurde per essere vere ma che di fatto (ed è qui che il sorriso si spegne) sono assolutamente vere. Vere in questo Paese, tra i pochissimi in Europa a non aver riconosciuto alcun diritto legale alle persone LGBT, nemmeno quello di denunciare chi ci aggredisce proprio in quanto persone LGBT.

Vere in un Paese che negli ultimi anni ha dibattuto fra i più strambi acronimi per evitare di chiamare le cose con il loro nome. Coppie che si amano uguale famiglia, uguale matrimonio. Matrimonio come segno tangibile del voler costruire una vita insieme, condividendo non solo l’amore ma anche la quotidianità, l’assistenza reciproca, la lavatrice da sostituire e il latte scaduto nel frigo.

Coppie che già esistono, vivono nella stessa casa, a volte anche per molti anni, per tutta una vita, ma il cui vincolo affettivo non è riconosciuto dallo Stato. È di queste coppie che Sebastiano Mauri parla nel suo libro.

Il matrimonio non è un concetto naturale: è un contratto giuridico che si stipula fra due soggetti (oltre che un sacramento, per chi ha una fede religiosa), e come ogni contratto ha subito e subisce modificazioni a seconda del contesto storico, del luogo, della cultura. Per esempio, fino al 1967 negli Stati Uniti era illegale che una persona di pelle nera sposasse una persona con la pelle bianca. Quarant’anni dopo, tale divieto appare ai nostri occhi inconcepibile. Barack Obama, nato da padre nero e madre bianca, è nato con lo stesso stigma di quei bambini “infelici e disadattati” che oggi crescono in famiglie omogenitoriali. Crescono, badate bene, non “potrebbero crescere”. Perché le famiglie omogenitoriali già esistono, anche in Italia. Così come esistono le famiglie monogenitoriali, le famiglie multiculturali, le famiglie allargate e così via.

Se dovessi immaginare un lettore o lettrice “ideale” per questo libro, sarebbe una persona che ha da poco scoperto l’omosessualità del proprio figlio, della propria sorella, del proprio migliore amico, della propria madre, e non sa da dove cominciare. È dal conoscere e dal capire che nasce il rispetto. Questo libro aiuta a muovere i primi passi. Lo fa con un tono leggero, che sa essere comico e malinconico, e presenta con elementare chiarezza la nostra identità sociale e civile.

Perché a essere contro natura non sono gli uomini che amano altri uomini, né le donne che amano altre donne, ma lo sono le persone che provano schifo e ribrezzo osservando altre persone.

«In passato si chiedeva la mano della sposa al padre, oggi ci si propone all’interessata. Io, invece, per sposarmi sono costretto a chiedere il permesso a sessanta milioni di italiani».

Marta Traverso

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