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Ma se il Registro delle unioni di fatto non conta nulla, perché tante resistenze?

Ci stupisce lo stop del consigliere Veardo al’istituzione del Registro delle unioni di fatto a Genova.
I suoi argomenti obsoleti e contraddittori puntano sull’inconsistenza del Registro come strumento per una emancipazione che, a suo dire, già esiste.
Sappiamo benissimo che il Registro ha un valore simbolico e politico, ma pochi effetti pratici.
Perciò l’associazione Arcigay ha chiesto anche attenzione sull’attestato anagrafico, che è già legge dello stato e in grado di produrre alcuni ricadute concrete positive (ma sempre troppo poche) sulla vita delle persone LGBT.

Non è da sottovalutare la portata simbolica di un Registro che afferma l’accettazione da parte di un comune delle coppie di fatto anche dello stesso genere: significa dare valore a quegli affetti e progetti di vita condivisa che fino a pochi anni fa era bene tacere per non incorrere nella disapprovazione sociale.
Oggi la cultura del Paese è cambiata, dopo anni di lotte almeno nell’immaginario collettivo (e lo provano i dati Istat) le persone LGBT non sono più viste come devianti e pericolose per la società.
Siamo convinti che sempre più comuni istituiranno il Registro e faranno così pressione sul Parlamento affinché finalmente legiferi. Non è più possibile lasciare nell’indeterminatezza una comunità che corrisponde al cinque per cento della popolazione e che coinvolge al suo interno anche molti bambini per nulla garantiti nei loro diritti, visto che non lo sono gli adulti che li amano e si occupano di loro.
Ci sembra particolarmente antipatica l’affermazione del consigliere secondo cui molte coppie di fatto ci marcerebbero sul fatto di non essere considerate coppie ma soggetti singoli, per cui possono presentare un Isee con cui avere accesso a tariffe agevolate,ad esempio per mensa scolastica dei figli.
La maggioranza delle coppie di fatto già pagano regolarmente avendo uno stato di famiglia che attesta la convivenza.
Per quanto ci riguarda da sempre paghiamo le tasse in questo Paese che ci riconosce solo doveri e risicatissimi diritti. Ci pensi ,consigliere, noi siamo dispostissimi ad assumerci i doveri, ma in mancanza di diritti come possiamo fare?
Se la classe politica non è in grado di fronteggiare la propria omofobia e non sa prendere decisioni in merito non è certo colpa delle coppie di fatto.
O dobbiamo vivere di fantasia come ci consiglia l’Onorevole Bindi?
In tal caso ci perdonerete gli Isee fantasiosi.

Lilia Mulas

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