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9 Marzo 2017

Legislazione italiana

La Legge è uguale per tutti

La Legge 14 aprile 1982, n. 164, Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, fu al suo tempo una legge molto avanzata in tutta Europa. Oggi risulta datata ed esclude le persone che non portano a compimento l’intero ciclo di transizione.

Secondo la Legge per ottenere il cambio di nome anagrafico è obbligatorio sottoporsi ad interventi chirurgici demolitivi (penectomia e orchiectomia per le donne MtF e mastectomia e isterectomia per i ragazzi FtM) e quindi a interventi chirurgici ricostruttivi (vaginoplastica se ragazze MtF e clitoridoplastica/Centurion/falloplastica per i ragazzi FtM, insieme a mastoplastiche additive/riduttive).
Lo Stato italiano quindi pretende che una persona si collochi in un modo fisicamente chiaro da una parte o dall’altra, o uomo o donna.

Il percorso di transizione è innanzi tutto un percorso interiore ed introspettivo per il quale la “trasformazione” genitale è solo un aspetto esteriore e non automaticamente necessario.

Serve una Legge italiana che renda il cambio di nome anagrafico una semplice procedura amministrativa, legata solo alle perizie che già vengono fatte per iniziare la cura ormonale.

La giurisprudenza italiana ha iniziato ad approvare il cambio di nome anagrafico attraverso sentenze.

Gli interventi chirurgici devono essere autorizzati con il solo foglio dello psichiatra che attesta la disforia di genere, senza che sia necessaria l’autorizzazione di un giudice.

6 commenti su “Legislazione italiana

  • Siccome in tutta Europa ed anche in Italia è riconosciuto che per il cambio dei documenti non è necessario fare interventi, una nuova legge che sleghi il cambio dei documenti dal tribunale che sia relegata a mera procedura amministrativa in base alle perizie che già vengono fatte per iniziare la cura ormonale.

  • Come comprensibilmente dice Katia, in Italia purtroppo è quasi obbligatorio sottoporsi ad interventi chirurgici demolitivi (penectomia e orchiectomia per le donne MtF e mastectomia e isterectomia per i ragazzi FtM) e poi ricostruttivi (vaginoplastica se ragazze MtF e clitoridoplastica/Centurion/falloplastica se ragazzi FtM, insieme a mastoplastiche additive/riduttive), perché la legge 164/82, anche se all’epoca fu una legge molto avanzata per il resto dell’Europa, al giorno d’oggi è datata ed esclude parecchie persone:

    1- Quelle che non sono transessuali ma transgender, e quindi non si riconoscono in un unico genere (di donna o di uomo) e si ritrovano ad avere a che fare con un percorso che le esclude, molto canonicamente binario e ossessionato dal categorizzare in maniera netta di chi lo fa;
    2- Quelle che pur essendo transessuali, contrariamente allo stereotipo, non hanno bisogno di un organo sessuale “posticcio” (definizione data da un attivista FtM che conosco) per sentirsi appieno donne/uomini, o di mastoplastiche additive/riduttive in base al genere al sesso; se dimostrano di vivere serenamente nel genere d’elezione, obbligarle a un intervento chirurgico che non vogliono è solo una violenza;
    3- Quelle che sono transessuali ma credono che gli interventi chirurgici non siano fatti per loro: invasivi, talvolta sperimentali, talvolta anche con risultati disastrosi per estetica e funzionalità, o che aspettano di avere soldi per farli all’estero (in Thailandia o in Florida, dove i chirurghi sono più informati) e che semplicemente non vedono come una priorità, ma a causa di liste d’attesa infinite e la rigidità della 164/82 devono passare le pene dell’inferno tra scartoffie burocratiche, diffidenza, ostilità e discriminazioni prima di poter avere il cambio di nome sui documenti;
    4- Quelle che sono transessuali ma non vogliono rinunciare all’opportunità di avere figli (e una piccola percentuale di chance esiste anche dopo la terapia ormonale sostitutiva);

    Quindi per lo Stato italiano ciò che conta è che una persona che intraprenda il percorso di transizione si faccia sterilizzare e stia “o di qua o di là” per essere “accettabile” nelle sue richieste di essere riconosciuta per chi sente e sa di essere. Una violenza di cui non sa quasi mai nessun* che non si informi e che a causa della sua stessa ignoranza può permettersi il lusso di dire “Ma quanto cazzo ci metti?? Cosa sei?? Ma sei scem*, perché non ti operi una volta per tutte?? No, finché non leggo che sei un uomo/una donna sui documenti non ti tratterò come uomo/donna!”

    Senza sapere che, appunto, il percorso di transizione comincia prima di tutto dentro di sé e che “i genitali da trasformare” (ossia quello su cui troppe persone ignoranti e prive di empatia si concentrano), la sessualità, sono cose molto secondarie rispetto alla componente più intimista e introspettiva, cose che non necessariamente sono parte dell’equilibrio psicofisico di chi è transgender.

    Per fortuna anche in Italia dopo alcune sentenze favorevoli (persone che hanno avuto la rettifica anagrafica del nome e del sesso prima degli interventi chirurgici) e dopo campagne di sensibilizzazione promosse da attivisti e associazioni le cose stanno migliorando. Purtroppo, comunque, a causa sia della rigidità della legge sia del retroterra culturale ignorante si è quasi sempre nelle “mani dei giudici” e della loro apertura mentale, volontà di ascoltare e farsi una cultura. Non un granché per l’emancipazione e per l’autodeterminazione.

  • Ci sarebbe da dire comunque che più centri in Italia dovrebbero adottare il protocollo WPATH (World Professional Association for Transgender Mental Health) rispetto al protocollo ONIG (Osservatorio Nazionale Identità di Genere) per il percorso di transizione; il primo è adottato solo al DISEM di Genova, il secondo in tutti gli altri centri. Per avere informazioni dettagliate su come sono differenti tra di loro, ecco un buon riassunto lampo: http://transgenderlinksicilia.blogspot.it/2010/06/confronto-onig-wpath-per-ladeguamento.html

    Devo dire che su FtM Italia talvolta ci è capitato di “difendere” l’ONIG perché ci siamo un po’ persuasi, dopo moltissime richieste d’aiuto ricevute, che ci sia un gap pazzesco tra l’estero e l’Italia (per lo meno, visto che il confronto è più rapido, i Paesi anglosassoni) in quanto a preparazione dell’entourage medico e livello di conoscenza delle persone transgender del percorso di transizione, della disforia di genere e dell’essere transgender in sé per sé. Quindi, finché le cose resteranno come sono e non si partirà dalle fondamenta per sensibilizzare la società al riguardo (magari cercando di non farsi prendere dall’isteria per l’inesistente teoria gender e destigmatizzando anche l’assistenza psicologica facoltativa per il WPATH e di vitale importanza per l’ONIG, visto che in un iter medico, psicologico, chirurgico, psichiatrico, legale e giuridico dalle fondamenta non stabili e tante, troppe scartoffie come quello italiano è quasi “la sola cosa che non fa crollare i/le pazienti”), crediamo che ci sia ancora un sacco di lavoro da fare e che adottare in maniera capillare il WPATH in Italia sia controproducente. Ben venga farlo, ma gradualmente, non dall’oggi al domani.

  • Propongo che gli interventi chirurgici possano essere autorizzati con il solo foglio dello psichiatra che attesta la disforia di genere, senza che sia necessaria l’autorizzazione di un giudice.

  • Ci sarebbe da discutere anche su come fare per eliminare un po’ di scartoffie burocratiche e snellire i tempi d’attesa, che influiscono da morire sul benessere psicofisico delle persone transgender. Speriamo che Cathy La Torre, avvocata, attivista e vicepresidente del MIT di Bologna, ci illumini con la rubrica che sta per lanciare, dedicata all’iter legale del percorso di transizione.

  • Caro diario oggi dopo quattordici mesi dall’intervento e’ stata depositata la sentenza che mi concede la rettifica dei dati anagrafici e che trasforma il matrimonio con Lucia in unione civile come prevede la legge Cirinna’.
    Siamo le prime in Italia che transitano in automatico da un matrimonio ad un’unione civile e la nostra sentenza fara’ giurisprudenza.
    Siamo contente di essere state pioniere di una strada che speriamo possano percorrere altre persone .
    Siamo soprattutto contente che grazie a questa legge, sicuramente perfezionabile, potremmo avere garantite tutte quelle tutele che avevamo durante il vincolo matrimoniale.
    Prima la nostra paura era che la legge precedente divorziandoci d’ ufficio ci avrebbe ridotto a due estranee a livello amministrativo e legale. Per ciò che concerne i sentimenti non c’erano problemi: ci amiamo come prima.
    E’ stata un po’ lunga ,ma non e’ stata tutta colpa della burocrazia, purtroppo mancavano i decreti attuativi che sono usciti solo lo scorso gennaio.
    Ora aspettiamo glia ultimi adempimenti e poi mi avventurerò nel dedalo degli uffici per cambiare i dati. Vi racconterò
    Isabella

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